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Passaggio a nord-est

Passaggio a nord-est

Si è conclusa lo scorso weekend la mostra fotografica “Passaggio a Nord-Est” presso il Festival dell’Internazionale di Ferrara, dove Luca Pradella, con la collaborazione dello studio di progettazione PLAM, ha esposto alcuni scatti “rubati” durante un lungo lavoro di ricerca presso le strutture di accoglienza per migranti della cooperativa Nuovi Vicini di Pordenone. Un’opera che ha come tema principale il lavoro degli operatori sociali all’interno dei progetti di accoglienza, mettendone in luce la forza e le difficoltà che spesso derivano dal dover gestire risvolti emotivi e psicologici.

 

Una ventina le foto scelte per l’esposizione tra una cinquantina realizzate e raccolte all’interno di un volume dal titolo, appunto, “Passaggio a Nord-Est” che è anche la tesi di Luca, neodiplomato presso l’ISIA di Urbino. Nove mesi passati a raccogliere informazioni e scattare fotografie all’interno delle strutture di accoglienza e un obiettivo ben preciso: far riflettere le persone proponendo un punto di vista che abbia un respiro globale. Nessuna denuncia o pregiudizio, ma un’analisi diretta di ciò che ci circonda.

 

Abbiamo chiesto direttamente a Luca di raccontarci il suo progetto:

<< Il tutto nasce dalla mia tesi: da sempre volevo approfondire tutto ciò che riguarda la rotta migratoria balcanica, ma soprattutto il sistema di accoglienza dei migranti in Italia. Sono quindi venuto in contatto con diverse realtà che si occupano di immigrazione, tra le quali la Nuovi Vicini, e ho iniziato a raccogliere informazioni rispetto al lavoro che viene svolto a Pordenone, concentrandomi sulla figura dell’operatore sociale all’interno del sistema di accoglienza. Ho cercato di capire quali sono le mansioni e l’importanza di questa figura professionale, che spesso non è conosciuta o è descritta in modo molto generico. Tuttavia chi opera in questo settore ha un ruolo di responsabilità enorme, con pesanti condizionamenti etici e coinvolgimenti emotivi, spesso con un lungo percorso di studi alle spalle o una lunga formazione sul campo per saper gestire al meglio il lavoro e le dinamiche relazionali con le persone migranti. Relazioni che, inevitabilmente, segnano la vita dell’operatore e vanno ad intaccare il legame che c’è tra la sua vita privata e quella professionale, due mondi che teoricamente dovrebbero rimanere ben distinti, ma che purtroppo, se non ben gestiti, vanno a sovrapporsi e fanno emergere sindromi da burnout lavorativo. Questo “oltrepassare il limite” è proprio quello che racconta il progetto: attraverso l’esposizione di Ferrara ho cercato di spiegare, attraverso foto e audio, come le relazioni che gli operatori creano nel proprio lavoro vadano poi ad intaccare la loro vita privata, spesso influenzandola in modo positivo, talvolta segnandola invece in modo negativo, perché certe storie ti toccano nel profondo e ti lasciano addosso qualcosa che non ti fa dormire la notte >>.

 

Abbiamo chiesto invece a Mirco Baccichetto, operatore della Nuovi Vicini che ha supportato Luca durante tutto il progetto, come si è sentito ad essere “il protagonista” di questa ricerca:

<< Non mi sono mai sentito in soggezione: conosco Luca da diversi anni e quindi la sua presenza non era qualcosa di estraneo e fastidioso. Ho solo dovuto un po’ “rallentare” le mie consuete attività per permettergli di avere il tempo di fotografarle. Credo che Luca, con questa esposizione, sia ben riuscito a trasmettere l’emotività che quotidianamente viviamo, in molte delle sue sfaccettature. Questo lavoro inoltre mi ha permesso di riflettere molto sul mio lavoro, è stato quasi terapeutico, e mi ha permesso di metabolizzare molte situazioni diverse.

Sono molto contento che Luca abbia deciso di concentrare la sua ricerca sulla figura dell’operatore sociale: in questo modo è riuscito a fungere da “ponte” tra l’operatore, con quello che vede e con le attività che svolge, e l’esterno, le persone che non conoscono la realtà del sistema di accoglienza e il lavoro quotidiano che svolgiamo. In questo senso, il suo è stato davvero un lavoro di sensibilizzazione, che ci ha permesso di raccontare verso l’esterno chi siamo >>.

 

Entrambi siete soddisfatti dunque dell’esposizione di Ferrara?

<< Siamo davvero molto soddisfatti di questo weekend. Hanno visitato la mostra molte persone, tra cui operatori sociali che ci hanno ringraziato per aver raccontato una professione di cui non si parla. Tra gli altri ospiti, abbiamo avuto anche l’onore di presentare il progetto a Virginia Costa, presidente del Servizio Centrale per il SAI (Sistema di Accoglienza e Integrazione), che ci ha fatto i complimenti. E poi moltissime persone che non sono del settore si sono avvicinate e ci hanno fatto domande, ad indicare che il messaggio dell’esposizione è davvero arrivato e ci ha permesso di sensibilizzare ulteriormente verso il tema dell’opera >>.

 

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